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Museo - Parco Archeologico/grotta S. Angelo

 

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La grotta di Sant'angelo

Nel Museo sono esposti i materiali rinvenuti nel 1984, in quello che può definirsi l'unica ricerca moderna sui depositi residui di questa estesa cavità carsica, quasi sicuramente un grande luogo di culto nel Neolitico e nel Eneolitico.

La sommità del deposito pleistocenico (strato III), identificato con gli scavi del 1984, venne utilizzata per la costruzione di un focolare circondato da pietre (strato II), con un'area annessa cosparsa di resti carbonizzati di Triticum dicoccum (6890170 BP - Gif 6724). Successivamente si realizzò un piano di pietrame su cui vennero impiantati focolari e delle vere e proprie buche contenenti cereali carbonizzati (jÌ530±70 BP - Gif 6722) con ceramiche impresse evolute, graffite geometriche a motivi lineari, industria litica e resti di animali domestici.

Tra i materiali si segnala una singolare rappresentazione antropomorfa a braccia levate nella tipica posa dell'orante.

 

 

 
     

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 STORIA DELLA GROTTA SANT'ANGELO

 

tratta dal sito della Società Speleologica Italiana

 

IL COMPLESSO DELLE GROTTE SANT'ANGELO DI OSTUNI

Diario di una esplorazione iniziata negli anni '30 e non ancora terminata

Maurizio DE PASQUALE
 

PREMESSA

Ostuni città dalle bianche mura in terra di Brindisi, si erge maestosa  su di un gradino carsico, protesa ad osservare sulla naturale  balconata il Mare Adriatico.
Città di origine messapica, (l'antica Stulnium) in netto distinguo dalle verdi campagne, nasconde nel suo borgo antico di chiara ispirazione orientale, importanti testimonianze storiche ed architettoniche che giustificano il suo  intenso flusso turistico.
Negli ultimi anni grazie ad interessanti scoperte ipogee, (in particolare uno scheletro di donna con feto del Paleolitico superiore nella grotta di Santa Maria di Agnano) i riflettori della scienza mondiale si sono accesi sulla ridente cittadina, creando nuove ed interessanti occasioni di offerta  turistico-culturale del  territorio. L'importante ritrovamento giace non più nel grembo naturale della roccia calcarea, ma in quello di un museo, autogestito dallo stesso suo scopritore il prof. Donato Coppola. Smentendo ciò che  la storiografia ci ha tramandato, a seguito di questa importante scoperta si può oggi affermare che le origini di Ostuni, sono non solo nel più noto insediamento messapico, ma anche all'interno delle sue numerose cavità calcaree.
Tra  le circa trenta grotte del territorio di Ostuni sono presenti  la seconda e la terza cavità per sviluppo (Zaccaria e Complesso delle Grotte Sant'Angelo) e la caverna più ampia di Puglia (Grave San Biagio).
Oggetto di questo articolo è l'interessante Complesso delle Grotte di Sant'Angelo, studiato da numerosi gruppi speleologici italiani e pugliesi, ciò per dare  voce a tutti quegli amici che nel corso di questi ultimi 30  anni  si sono impegnati a produrre diversi materiali. Per   correttezza metodologica, si rende necessario un  riepilogo cronologico  che parte dal 1930.

LA STORIA

Ingresso superiore:
Grotta Preistorica Sant'Angelo PU 42

La cavità scoperta nel lontano 2 dicembre 1930 dall'Ispettore delle Guardie Municipali  Saponaro, fu visitata nello stesso anno dal  prof. Quagliati, che verificò un consistente deposito litico ed osseo. Egli, si rese  subito artefice di importanti   scavi continuati in seguito dal U. Rellini (1935) e da C. Drago (1953). Solo quest'ultimo però, li effettuò in maniera sistematica anche se in diversi periodi. Gli ultimi sondaggi sono da attribuire al prof. D. Coppola di Ostuni.
Gli scavi sopra menzionati ed i relativi studi, (che determinarono il vincolo archeologico che oggi proibisce l'accesso alla grotta)  appurarono l'esistenza di resti di fauna pleistocenica  (Hyaena crocuta e Bos primigenius) e di frammenti di pietre dure lavorate, testimonianza di una frequentazione umana sicuramente  precedente al Neolitico. Proprio a quest'ultima fase storica di maggior frequenza umana risalgono i numerosi  reperti ceramici impressi, incisi,  le ceramiche graffiate e dipinte, l'industria litica ed ossea.
Il primo vero sondaggio esplorativo speleologico si ebbe invece, grazie alla Commissione "Boegan SAG-CAI" di Trieste nel 1957, con un primo parziale rilievo di circa 200 metri (rilievo T. Tommasini).

Ingresso inferiore:
Grotta della Cava Sant'Angelo PU 374

La grotta  portata  alla luce dai lavori di scavo di una piccola cava, nel primo rilievo del 1957 (sempre del Boegan) comprendeva  solo due ambienti  consecutivi per un totale di circa 60 metri di sviluppo. Nell'Aprile del 1968 alcuni soci del  GGG (Gruppo Grotte Grottaglie) dopo vari tentativi  sfondarono  un duro diaframma alabastrino e riuscirono ad accedere nella ben più ampia realtà carsica. Questi, esplorarono e rilevarono circa 600 metri di gallerie e condotte forzate tutte riccamente concrezionate e casualmente  individuarono il punto di congiunzione tra le due cavità, dando inizio alla storia dell'intero complesso.
Negli anni immediatamente successivi alle nuove scoperte, gli amici di Grottaglie si resero protagonisti di iniziative di divulgazione e tutela del neo-complesso che videro il coinvolgimento delle autorità locali. Nel 1975 insieme ai soci    dell'Archeo Gruppo Speleologico "F.Anelli" di Taranto, io fui invitato dal GGG ad una escursione nelle Grotte Sant'Angelo .
Anche se giovane neofita, durante quella ed altre visite successive, rimasi subito sorpreso ed incuriosito dalle poche e frammentate notizie  riguardanti lo sviluppo planimetrico del complesso. Sino  al '75,  i vari lavori svolti dai due diversi gruppi restituivano su carta appena  200 metri di sviluppo per la grotta superiore e circa 600 metri per quella inferiore.
In seguito non si realizzarono altre azioni sia per la chiusura  nel 1981 della grotta inferiore (provocata dallo smarrimento di un impavido ragazzino, che si   concluse con il salvataggio dello stesso dopo ore di ricerche) che per la  chiusura della grotta superiore da parte della  sovrintendenza.
Nel 1995 entrai a far parte del GGG ed esposi subito al capo gruppo (protagonista tra l'altro  delle scoperte del '68) la mia idea di "riaprire per finalmente  chiudere" il "caso Sant'Angelo" la mia proposta venne accettata da tutti i soci e ciò  consentì  una  riesplorazione   più metodologica dell'intero complesso.
Dall'analisi dei rilievi allora in nostro possesso (Boegan '57 - GGG '68) e di quelli che man mano riportavamo su  carta, ci rendemmo subito conto dell'esistenza di inesattezze nelle direttrici di sviluppo e nella planimetria generale. Il  punto di congiunzione tra le due grotte non collimava per uno scarto di circa 300 metri e cosa ancor più grave, verificammo una differenza non rilevata di oltre 900 metri di sviluppo (planimetrici), nonostante alcune condotte forzate non rilevate a causa delle ridotte dimensioni.
Man mano che andavamo avanti ci rendevamo conto, di aver lasciato  per troppo tempo nell'oblio dell'incertezza, con i suoi 1574 m rilevati, la seconda cavità pugliese per sviluppo. Come succede spesso però nella vita di tutti i giorni, il nostro entusiasmo venne subito smorzato dalle notizie di una squadra di punta del GGG impegnata in una disostruzione nei rami bassi della vicina Zaccaria. Furono scoperte  nuove gallerie, che ne fecero la nuova "star" del momento, con i suoi quasi 2000 metri, relegando ad un dignitoso terzo posto la pur sempre rinata Sant'Angelo.
Quel  periodo fu intenso di emozioni e di lavoro per me e per i soci del GGG.
Le  ultime scoperte sottolineavano ancora una volta  l'importanza di Ostuni nel panorama carsico regionale, esaltando le sue più importanti cavità, già note per le loro affascinanti concrezioni, con la conferma della loro estensione.

BREVE INQUADRAMENTO GEOLOGICO

Il Complesso Sant'Angelo si apre ai margini di un terrazzamento di calcare cretaceo, caratterizzato da una serie di gradini sviluppati in direzione WNW-ESE, decrescenti verso il litorale adriatico. Questo calcare  "Calcare di Ostuni" correlabile con il Calcare di Altamura, è in genere  di colore grigio chiaro con notevole presenza nelle parti basse di affioramenti prevalentemente di tipo detritico ed a tratti cristallino, mentre nelle parti alte si rilevano accumuli di microfauna costituita da Rudiste presumibilmente del Cenomaniano-Turoniano.
Durante il Terziario gran parte di questi calcari, affiorarono esponendosi  ad una serie di alterazioni e modellamenti tra cui lo svilupparsi dei primi fenomeni carsici. Agli inizi del Quaternario si verificò un graduale abbassamento con conseguente avanzamento del mare, il quale depositò sui calcari altri tipi di sedimenti. La zona, risulta complicata da elementi tettonici secondari che hanno pesantemente condizionato il modellamento del sistema carsico. Tutta l'area limitrofa al complesso è interessata da un consistente  numero di faglie ortogonali, mentre nell'intera zona di Ostuni sono visibili fenomeni carsici superficiali quali doline e campi solcati.
L'ultima emersione è attribuibile alla fine del Pleistocene inferiore, con il ritiro graduale sino ai margini attuali del mare.

DESCRIZIONE DELLA CAVITÀ

Ingresso inferiore

Una volta arrivati con l'auto nello spiazzo antecedente la grotta e osservata la muratura posticcia recante una porta con serratura, si avverte subito la sensazione di blindatura forzata a cui la grotta è stata sottoposta (la sua chiave sino ad ottobre 1997 era depositata presso i Vigili Urbani di Ostuni,  oggi è di nuovo in possesso del proprietario del terreno, il quale purtroppo non è intenzionato a renderla neanche agli studiosi).
Superato  l'insolito scenario speleologico si trova L'Androne,  un cavernone dal   soffitto (h 10 m) visibilmente sconvolto da  assestamenti di origine clastica ormai conclusi, che presenta sulla destra un consistente accumulo di materiale franato saldato. Questo ambiente, preludio a ciò che il buio  nascondeva sino al '68, ad una prima attenta osservazione presenta  gli strati calcarei  orizzontali e interessati da due sistemi di diaclasi, il principale più visibile, in direzione dello sviluppo della grotta ossia  direzione  SE, il secondo invece taglia il primo con un angolo di 70°. Sicuramente la evidente diaclasi agevolò le fasi di ricerca sia dei primi sia dei secondi visitatori, infatti seguendo quella principale, in  fondo all'Androne, per mezzo di un angusto passaggio tra colate, si accede  ad una serie di  ampie sale sequenziali.  
Gli interessanti ambienti che si susseguono, alternati da stretti passaggi artificiali (Sala Boegan, Sala della Frana e  Sala del Papa) hanno soffitti visibilmente fratturati tuttora in sfaldamento, con strati di potenza variabile da 10 a 100 cm disposti in andamento monoclinale con immersione verso sud di circa 15°, e pavimenti ricolmi di pietrame clastico. Questi pur avendo subito  nel tempo scempi  vandalici che hanno danneggiato le numerose concrezioni concedono ancora  scenari di suggestiva emozione, in un susseguirsi di sfumature cristalline ora pendenti ora adagiate sulle fratturate pareti.
Lungo le linee di sviluppo delle diaclasi, sono concentrate il gran numero  di concrezioni che in alcuni punti si saldano tra loro formando un esteso drappeggio di colonne che compongono lungo il percorso un'elegante e creativo portico.
Soprattutto nell'ultima sala, quella del Papa, (lung.34 x larg.8 x h.12) in parte salvata dal degrado, spiccano imponenti composizioni stalagmitiche come "il Calvario" ed "il Papa", e un'alta e  bianca colonna detta "il Bacio" contornata da trasparenti cortine. (Attualmente, deturpata da segnaletica stradale....)
In fondo, la grotta cambia bruscamente la sua geologia e dalla morfologia con  ampie e concrezionate sale, attraverso due pozzetti, ci si addentra in un sistema molto districato di condotte forzate  che si dipartono su due direttrici principali, una verso S e l'altra verso E  su due livelli altimetrici indipendenti.
La linearità dello sviluppo topografico, viene interrotta dalla presenza quasi labirintica di queste condotte forzate che  nel tempo hanno  subito  fasi  di evoluzione perdendo in gran parte le loro forme primitive.
In alcuni punti, queste mantengono inalterate le forme trasversali ellittiche, tonde, ed a serratura, in altri punti  sono state parzialmente modificate da sfaldamenti e crolli mentre nella loro fase di maturità si  sono riccamente concrezionate con colonie di  minuscole eccentriche e di fragili cannule.
Lungo le condotte di sinistra che vanno verso sud con non poche difficoltà è possibile rintracciare il punto di congiunzione con la Grotta Preistorica. L'unione delle due grotte si rende possibile solo attraverso un foro di dimensioni limitate (può passare solo una  mano) e la  scelta di non allargare questo passaggio è più che giustificata dall'esigenza di  preservare la zona archeologia da ulteriori atti vandalici.
Per la presenza  di aria forzata, in  queste condotte andrebbero effettuate ulteriori ricerche, che potrebbero  portare alla scoperta di  altri punti di contatto con la grotta superiore o ad ...

Ingresso superiore

Risalendo a sinistra il crinale della collina, a poche decine metri dall'ingresso della Grotta Inferiore un  pozzetto di 4 metri di profondità, (risultato dell'azione di assestamento dell'ambiente ipogeo)  immette nella Grotta Preistorica. (Ricordo  che la Sovrintendenza ha posto una robusta cancellata)
Il primo ambiente,  presenta un pavimento in forte pendenza ricolmo di  depositi terrosi che ricoprono gli eventuali depositi clastici. Il soffitto molto fratturato, si presenta a strati orizzontali con potenza di questi variabile da 20 a 100 cm.
La  grotta si sviluppa lungo un sistema di diaclasi fra loro parallele e intersecanti, le principali degradano in due direzioni, verso SE e verso O.
Il ramo di sinistra in direzione SE è costituito da una galleria (Galleria Anulare) di lunghezza complessiva di 50 m., con soffitto dissestato  oggetto di frane recenti e pericolose e quasi privo di forme carbonatiche. Attraverso una frana e percorrendo un budello di stretti cunicoli si ritorna sulla direttrice principale di sviluppo della grotta nel punto 6.
Scendendo verso O lungo un pendio colmo di detriti ma agevolati dalla presenza di gradini artificiali approntati durante le fasi di scavo cui facevo menzione in precedenza, si costeggia  sulla destra una serie di colonne che ci indicano la direttrice della diaclasi si accede al Salone Tetro. (così denominato per la presenza lungo le pareti e sulle concrezioni di numerose colonie di muschi e licheni di colore cenere che rendono l'ambiente particolarmente buio)
L'ampio salone (che misura 30x20x8  con il soffitto a botte e gli strati orizzontali di potenza variabile tra i 20 ed i 120 cm)   è caratterizzato da numerose buche sul piano di calpestio realizzate per raggiungere l'antico strato preistorico e da imponenti muretti a secco e cumuli di pietrame di scarto  che rendono  disordinato e triste lo scenario.
Sono visibili, in questo salone, tre linee diverse di diaclasi: la principale in direzione O che continua anche lungo la parete al di sotto di una grossa e pericolosa frana che impedisce ulteriori approfondimenti, la seconda sul  lato sinistro  verso  SO identificabile grazie ad un gruppo di stalattiti, stalagmiti e colonne, ed infine l'ultima  parallela alla Galleria Anulare in direzione SE.
L'approfondimento della cavità si estende proprio lungo quest'ultima diaclasi  riccamente concrezionata ma  altrettanto deturpata. La planimetria, pur conservando la direttrice principale orientata verso S (parallelamente alle condotte forzate di sinistra della grotta inferiore)  diventa labirintica, con decine di deviazioni e di piccoli ambienti sovrapposti,  tutti  un tempo riccamente concrezionati, oggi ridotti a teatrini diroccati con i soffitti colmi di "mozzoni" ormai senza vita. Spostandosi lateralmente, nelle parti più anguste delle gallerie sono visibili molteplici concrezioni come: cannule, stalattiti eccentriche, vaschette, formazioni perlicolari, ed altri fenomeni ipogei come le vermicolazioni argillose.
Nel punto 11 la grotta  dopo una deviazione a doppia esse, (visibili sulla  destra una serie di strette condotte meandriforme parallele ancora in fase di disostruzione) intercetta tramite diversi pozzetti sul soffitto il ramo superiore parallelo a quello inferiore. Alcuni di questi pozzetti immettono in un terzo ambiente intermedio ma di breve sviluppo.
Nel  Ramo Superiore la " Sala dei Pozzetti "  ha conservato  il suo aspetto primitivo di collettore idrico. Questa infatti, presenta pareti lisce modellate dalle acque che si rigettarono attraverso i pozzetti prima citati, nel ramo inferiore. (fase questa che ha interrotto lo sviluppo  orizzontale di questo ramo)  
Le due gallerie si uniscono anche nel punto 14 tramite altri due pozzi. Proseguendo lungo S la grotta sembra chiudersi in una piccola saletta concrezionata ma   dietro una colata si nasconde il punto di collegamento  con la PU 374. Ritornando nel punto 14 in direzione O attraverso uno stretto passaggio tra frane vi è la presenza di un fitto sistema di condotte forzate (alcune parzialmente rilevate per l'esigua dimensione) a tratti franate sulle quali, dato la vicinanza con la PU 374,  bisognerebbe  effettuare ulteriori indagini e disostruzioni.

CONCLUSIONI

La  regione Puglia vanta un ricchissimo catasto speleologico per lo più di grotte con sviluppi planimetrici limitati ed   escludendo il fenomeno di Castellana, fino al  1995 dopo i 1500 m. di Porto Badisco, non si conoscevano cavità di sviluppo oltre gli 800 metri. Le ricerche sul territorio di Ostuni del GGG del GSM ed ora anche del SC Cryptae-Aliae, le scoperte di  Grotta Zaccaria con i suoi 2000 metri e le verifiche di Grotta Sant'Angelo con i suoi 1574 (al 2° e al 3° posto in Puglia) dimostrano che oltre al conosciuto e alle certezze scientifiche, con la caparbietà e la ricerca si possono sfatare miti e dati legati ai risultati momentanei.
Per il lavoro di esplorazione, disostruzione dei nuovi cunicoli, rilievo e raccolta dati ringrazio gli amici: Fanigliulo Ciro, Sannicola Carla, De Giorgio Ciro, Giliberto  Marco, Di Palmo Patrizio, Elia Alfonso e Casamassima Annarita che hanno collaborato attivamente e con passione,  ancora Gilberto Mario e Carlos Solito per l'aiuto nell'elaborazione dei dati raccolti.
Non meno importante in questi ultimi anni è stata la collaborazione di Aurelio Marangella.
Infine doverosi ringraziamenti  vanno  sia al Sindaco di Ostuni  per la sensibilità e la disponibilità offerta che al Prof. Donato Coppola.

 

RICERCHE BIOSPELEOLOGICHE

a cura di Salvatore Inguscio Gruppo Speleologico Neretino

 

Su invito del Gruppo Grotte Grottaglie, ho svolto  una serie di ricerche di Biospeleologia nelle grotte di Ostuni.

La prima grotta analizzata è stata la Zaccaria, la ricerca si è svolta su entrambi i piani in cui questa si sviluppa tramite l'osservazione diretta, ossia senza l'uso di trappole. I risultati sono piuttosto scarsi: la parete superiore è risultata completamente azoica, nessun tipo di associazione parietale all'ingresso, nessuna traccia di escrementi o di resti di animali morti. (In seguito gli amici di Grottaglie notavano la presenza di un insetto che si spera in seguito di catturare).  Nella parte inferiore è stato notato solo un  Troglophylus andreini: Ortottero diffuso nel Mediterraneo orientale; in Italia sono presenti tre specie, due nelle Alpi e una in Puglia. La specie pugliese, l'andreini appunto, dà luogo a due razze: una diffusa in una zona nord-occidentale e una nel Salento. La quasi totale assenza di specie animali in questa grotta può essere dovuta alla mancanza di risorse trofiche oppure, cosa che maggiormente mi auguro, al particolare periodo in cui abbiamo svolto le ricerche. Infatti gli animali ipogei non sempre si trovano sul piano di calpestio poiché il loro habitat naturale è costituito dalle migliaia di microfratture presenti in una cavità e solo accidentalmente risalgono in superficie alla ricerca di cibo o in condizioni particolari di Ur. C'è anche da tener presente che il substrato della grotta è costituto da massi di crollo che mal si prestano all'uso di trappole a tempo. È quindi necessario intraprendere, con l'aiuto degli amici del GGG, nuove ricerche soprattutto in periodi diversi.
Riporto ora alcuni dati climatici rilevati alla Zaccaria.
Misurazioni effettuate a circa metà grotta superiore in corrispondenza di una pozzetta di acqua: (26-02-95)

T° aria: 17.8 °C - T° roccia: 17.3 °C - Ur: 20%

T° acqua pozzetta: 16.9 °C

Salone terminale:

T° aria: 18.9 °C - T° roccia: 18.7 °C - Ur: 86%

Maggiore fortuna si è avuta nelle grotte di Sant'Angelo: in quella superiore sono stati catturati un Isopode e un Chilopode, in quella di sotto tre ragni. Gli Isopodi costituiscono uno degli ordini più ampi di crostacei e il gruppo degli Oniscidi rappresentano quelli terrestri, noti perché si richiudono su se stessi in caso di pericolo. Gli Isopodi in prevalenza sono spazzini e onnivori; gli Oniscidi si nutrono di alghe, muschio e di qualsiasi materiale vegetale e animale in disfacimento. Quasi tutti i terrestri appartengono al sottordine Oniscoidea. Gli Oniscidi non hanno mai evoluto una cuticola cerosa come quella degli Insetti o dei Ragni per ridurre la evaporazione attraverso il tegumento, per cui tendono a vivere in zone ad alta Ur, generalmente hanno occhi poco sviluppati e, nelle specie ipogee, completamente assenti. La capacità di arrotolarsi a palla assicura protezione e contribuisce a ridurre la perdita di acqua per evaporazione. L'esemplare raccolto è un troglofilo ed è lungo 5 mm.
I Chilopodi sono una classe di Artropodi, noti anche come centopiedi, l'esemplare catturato ha un colore rosso bruno e molto probabilmente si tratta di un troglofilo. L'ultimo paio di zampe è più lungo e può essere usato come difesa muovendolo come pinza. I centopiedi sono molto veloci e sono predatori, la loro dieta è costituita in prevalenza da piccoli Artropodi. Le prede sono individuate e localizzate toccandole con le antenne o con le pinze.
L'esemplare catturato è lungo 10 mm. Tutti questi animali sono stati spediti ai vari specialisti per essere classificati.
Per quanto riguarda i ragni, i tre esemplari sono tutti maschi e la lunghezza totale del corpo è rispettivamente: 3.65 mm, 2,30 mm, 2.20 mm. In generale essi presentano:
- Prosoma liscio, di colore giallastro, pressoché circolare, il cui diametro misura in media 1.10 mm; anteriormente presentano cheliceri robusti e ben definiti. Gli occhi sono sei (quattro centrali disposti su due file a coppia e due laterali).
- Opistosoma verdastro, allungato, sacciforme e regolare (lunghezza rispettivamente 1.80 mm, 1.10 mm, 1.10 mm), inferiormente presenta due polmoni lunghi circa metà dell'opistosoma stesso. Esso termina con filiere in gruppo conico ben definito.
- Le zampe sono lunghe, munite di irti peli e dello stesso colore del prosoma.
Per una più approfondita classificazione sarebbe opportuno valutare il tipo di seta emessa (lanosa o vischiosa) e catturare esemplari femmine. In linea di massima: se la seta è di tipo lanoso questi ragni appartengono al sottordine dei Labidoragni Cribellati, se invece è di topo vischioso alla famiglia dei Disderidi o dei Clubionidi. Gli esemplari sono stati prelevati a circa 150 metri dall'imbocco della grotta.
Notiamo in genere:
a) un addome piuttosto piccolo rispetto ai loro parenti epigei, e ciò è dovuto molto probabilmente alla carenza di cibo;
b) un inizio di depigmentazione.
Possiamo concludere che si tratta di organismi che presentano delle variazioni rispetto ai loro parenti epigei, cioè di animali troglofili.

Grotta Sant'Angelo Inferiore

T° : 17.5 °C

Grotta Sant'Angelo Superiore (2-4-95)

T° : 13.7 °C - Ur : 75%

Desidero ringraziare per la collaborazione sullo studio dei Ragni il Prof. Lucio Vernich.

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