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venerdì, 22 novembre 2006 - ore 1:23


Museo - Parco Archeologico/Parco Archeologico

 

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Parco Archeologico e Naturale

di Santa Maria d'Agnano

 

La grotta: i ritrovamenti

 

Nella grotta di Agnano, ubicata a circa due chilometri dalla cittadina di Ostuni, Donato Coppola conduce dal 1991 ricerche sistematiche che hanno evidenziato come la caverna sia stata sede, per circa 25.000 anni, di riti e culti dedicati ad un'immagine femminile.

Oltre ai due seppellimenti Ostuni 1 e 2, datati rispettivamente al 24.410±320 e al 23.450±170 BP, all'esterno del riparo sono state identificate due aree di pietre subcircolari artificialmente disposte, interpretabili come impianti cultuali, nelle quali erano contenuti dei ciottoli incisi  indicativamente inquadrabili tra l'epigravettiano e l'epiromanelliano.                  

La gestante di Ostuni (nome scientifico Ostuni 1, numero di inventario 34.999) visse in quella fase geologica chiamata Pleistocene superiore contraddistinta dalle glaciazioni (fine del Würm III), in un periodo caratterizzato da un'oscillazione umida tendente ad una fase molto fredda. Lo studio delle faune ci indica che gli animali dominanti cacciati nell'ambiente esterno erano il cavallo (Equus caballus) che costituisce circa il 70% e l'uro (Bos primigenius), antenato selvatico del bue domestico, presente al 30%.

Il paesaggio esterno era caratterizzato quasi al 75% da conifere, anche se in generale si denota che si tratta di una vegetazione poco arborata ed aperta di tipo secco-arido e freddo.    

Quindi lo scenario che quotidianamente si presentava agli occhi della donna di Ostuni era quello di una vasta pianura, molto più larga di quella attuale (il mare era forse ad un livello inferiore di parecchie decine di metri) dove scorazzavano indisturbati branchi di cavalli selvatici e pascolavano mandrie di uri. Probabilmente la gola di Agnano venne scelta come area di accampamento più o meno stabile proprio per la possibilità che offriva di controllare gli spostamenti dei mammiferi tra i pascoli dell'entroterra murgico ed il paesaggio della prateria e delle lame, profonde incisioni naturali che solcavano la pianura e che offrivano anche abbeveraggi più o meno costanti nel loro fondo. La sopravvivenza veniva pertanto assicurata da questa enorme potenzialità di carne, oltre che dalla raccolta di bacche ed altre risorse naturali, che però non lasciano tracce leggibili per l'archeologo. La caccia era sicuramente svolta dall'intero gruppo, in periodi prestabiliti e sicuramente rapportabili agli spostamenti della selvaggina.

Il gruppo di cacciatori di Agnano forse non superava le decine di unità ed utilizzava il grande riparo naturale della cavità come dimora più o meno stabile. Le risorse della caccia venivano trasportate nell'accampamento e consumate, mediante cottura delle carni e con una predilezione per il midollo, come ci dimostrano la maggior parte dei resti ossei spaccati a metà. Sicuramente esisteva una divisione di compiti nel gruppo, sia per quel che riguarda la raccolta di risorse alternative (cibi di origine vegetale e combustibile) che per quanto riguarda la realizzazione di oggetti particolari da usare come ornamento personale. E' il periodo in cui le prime manifestazioni "artistiche" mobiliari contribuiscono ad aumentare il prestigio del gruppo e dei singoli possessori di tali oggetti decorati, includenti anche quelli che avevano una specifica valenza cultuale.

Sicuramente le donne, anche per la necessità di accudire ai loro piccoli, dedicavano minor tempo alle attività venatorie, mentre gli uomini forse provvedevano alla macellazione degli animali. In ogni caso il tempo era solo in minima parte destinato ad attività di sussistenza e veniva utilizzato probabilmente per cerimonie varie, anche rituali, che coinvolgevano tutto il gruppo. Tra queste, le più-significative erano quelle legate al seppellimento dei defunti.

Se ricostruiamo la sequenza della sepoltura di Ostuni 1, ci accorgiamo della complessità del rito e del conseguente sforzo collettivo.

Si scava una fossa a cui segue il rito dell'accensione di un focolare all'interno. Nel frattempo il corpo della defunta è stato addobbato con gli oggetti più belli come la cuffia di conchiglie, i bracciali di conchiglie ai polsi e sull'avambraccio, gli oggetti di selce che contraddistinguono l'appartenenza e la sua posizione nel gruppo

Mani pietose depongono la defunta sul letto ciottoloso della fossa disponendo il suo corpo in posizione rannicchiata, con la mano sinistra posta sotto il capo e la destra delicatamente appoggiata sul ventre, quasi a proteggere la creatura che non ha mai partorito. Non sappiamo chi provvedesse poi a cospargere il capo con manciate di ocra rossa, in un tentati-

 

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vo di rivitalizzazione della defunta che ci documenta su credenze già acquisite di una continuità della vita oltre la morte. Poi, sempre a completamento del rituale, dopo aver sistemato un blocco di pietra come cippo ed aver collocato un frammento cranico di uro a destra del capo della defunta, si collocano schegge ossee lungo il perimetro del seppellimento e forse un fagottino di pelle contenente denti di cavallo ed uro, in prossimità del ventre, a testimonianza dell'appartenenza al gruppo di cacciatori.

Terminato il rito, si provvede a ricoprire il corpo con pietre. Il seppellimento di Ostuni 2 ci indica con chiarezza come l'area, in continuità, sia stata un sepolcreto gravettiano per parecchi secoli. Questa parte centrale e più interna della caverna diventa sacra e solo migliala di anni dopo, cacciatori ignari, torneranno a lasciare tracce evidenti della loro presenza.

Spesso ci si chiede quale fosse l'importanza della donna in questi gruppi di cacciatori; è sicuramente difficile fare affermazioni precise anche se le testimonianze archeologiche ci mostrano come il suo ruolo fosse fondamentale, sia per quel che riguarda la procreazione che per le funzioni quotidiane svolte nella vita del gruppo. A riprova abbiamo le splendide raffigurazioni di probabili "divinità", le cosiddette "veneri paleolitiche", immagini accentuate di femminilità modellate a tutto tondo, simbolo eloquente dell'importanza e del ruolo della donna paleolitica. Se osserviamo il copricapo della gestante di Ostuni, notiamo   una  forte  affinità  con  quello  della   "venere di Willendorf", ritenuto  impropriamente

una forma di acconciatura; ciò ci porta a credere che forse la cerimonia del seppellimento della donna di Ostuni non si sia limitata all'annullamento del corpo con il sotterramento, ma che abbia proposto una "divinizzazione" della maternità incompiuta, con una forte valenza simbolica per la sopravvivenza del gruppo. Tutto ciò ci dimostra quanto articolata fosse la vita quotidiana di questi cacciatori paleolitici prima che una tragica circostanza rapisse alla vita la gestante di Ostuni per farla assurgere, oltre 25.000 anni dopo, a simbolo universale di maternità.

Ostuni 3, seppellimento del Paleolitico superiore di fase epigravettiana finale (12.000-10.000 anni fa), è stato rinvenuto nel corso degli scavi effettuati nel settembre del 2003 nell’area esterna del grande riparo di Agnano. E’ sicuramente un cacciatore adulto, sepolto in posizione allungata con le braccia ripiegate sul petto, senza alcun evidente elemento di “corredo” funerario. Potremmo ipotizzare però una complessa ritualità, incentrata su un circolo di pietre posto a due metri di distanza ed avente all’interno un ciottolo con incisioni, oltre alla dispersione intorno al cadavere di una notevole quantità di resti ossei, con particolare predilezione per i denti di Equus caballus.

Questa sepoltura segna la fase più recente di frequentazione degli ultimi cacciatori del Paleolitico superiore, forse in una continuità di oltre 12.000 anni, che si manifesta anche nelle pratiche rituali e funerarie, non dissimili da quelle della fase gravettiana (Ostuni 1).

All'interno della cavità si segnala poi una frequentazione cultuale neolitica con un focolare, cereali ed immagini schematizzate (la Grande Madre dei popoli agricoltori) presenti su due colli di vasi e databili agli inizi-prima metà del V millennio in cronologia non calibrata.

Seguono poi visitazioni funerarie nell'età del Bronzo, impianti cultuali d'età classica, con attestazioni di un grande santuario iapigio-messapico dedicato al culto di Demetra e la riconversione in età cristiana, con un affresco cinquecentesco raffigurante la Vergine Maria.

 

                                                                                                                     (Donato Coppola)

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